La rivoluzione dei
dissidenti
Su chi possiamo
contare perché le cose cambino e la storia non si ripeta? Chi rifiuta lo
scontro frontale e segue la propria coscienza può dare un contributo davvero
costruttivo. E rivoluzionario.
Viviamo tempi di rivoluzione,
ormai è chiaro. Però tocca fare attenzione alle parole. Rivoluzione la
ereditiamo dal latino revolvere:
voltare, ritornare. Abbiamo finalmente la possibilità concreta di voltare
pagina. A oltre a questa prospettiva, è chiara un'altra idea sottintesa all’etimo
di rivoluzione, quella del ritorno. Ogni società cambiata da una rivoluzione è
destinata a ritornare, lentamente, alle condizioni di prima, ma non senza
sofferenze. Tra chi? Tra i potenti che si devono (giustamente) rovesciare? Ma
no, ovvio. I potenti veri pagano il biglietto ridotto. Un paio di teste o tre, un
signorotto ottuso e due Marie Antoniette che non sanno nemmeno la differenza
tra pane e brioche. Il biglietto intero lo pagano quelli di sempre. Quelli che
devono fornire il mobilio per le barricate e il sangue affinché i libri di
storia del secolo successivo possano usare l’aggettivo “sanguinoso”. Dunque, il
ritorno. La storia che ritorna. Prendiamo una rivoluzione qualsiasi: lasciamo
prendere quelle più recenti, amarissime e inconcludenti, profumate di
gelsomino, che pure rappresentano in pochi mesi quello che nelle rivoluzioni del
passato avveniva nel giro di qualche anno. Soffermiamoci invece su quella
francese, abbastanza lontana, abbastanza celebre.
1)
Si comincia con un sistema ingiusto e intollerabile.
2)
Va rovesciato, e il popolo lo fa.
3)
Prende quota un capo.
4)
Il capo decide la linea.
5)
Leva di mezzo tutti quelli che non la pensano
esattamente come lui.
6)
Il regime di terrore che stabilisce diventa più odioso
di quello rovesciato. Senza usare nomi recenti, questo passaggio ci ricorda
qualcun altro, vero? Robespierre, Cromwell, Lenin, Mao.
Di questi tempi, arrivati come
siamo al punto due e mezzo, ci possono salvare i dissidenti. Perché la
rivoluzione è costruttiva proprio fino a quel momento beato, fino a prima che
il capo diventi un nuovo sovrano assoluto. Al punto due e mezzo non deve essere
dimenticata la democrazia. Deve prevalere il buon senso, che va deciso osservando
gli eventi. Durante una rivoluzione, inoltre, gli eventi sono in convulso
divenire: non puoi programmare prima cosa succederà. I dissidenti hanno
permesso cose nuove, perché hanno partecipato al movimento rivoluzionario ma
hanno scelto di evitare un inutile scontro frontale. Hanno rappresentato il
popolo che li ha eletti, non un capo giunto al punto tre e mezzo. Non hanno
smesso di pensare a dove fosse la soluzione migliore. Hanno dovuto scegliere,
ma almeno hanno potuto determinare i termini della scelta. In futuro potranno
far sì che la Sinistra sia meno autocompiaciuta e che la Destra si affranchi
dal burlesque. Se continua così, i
ribelli determineranno comportamenti saggi, e dunque eventi davvero rivoluzionari.
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